REGIONE - SPICCIOLI PER LE SPIAGGE
- Tommaso Villa
La Regione Lazio ha stanziato 2,4 milioni di euro per proteggere i tratti più vulnerabili della costa durante l’inverno. Una cifra che, a leggerla così, sembra rassicurante: si parla di mareggiate, erosione, strade che rischiano di cedere, stabilimenti messi a dura prova dalle onde. E in effetti è positivo che un intervento del genere arrivi prima che l’ennesima mareggiata faccia il lavoro che noi non siamo riusciti a prevenire.
Il punto, però, è un altro: questi soldi sono pochi. E non è una critica politica, è una constatazione tecnica. Chi conosce il litorale sa bene che un singolo intervento — una scogliera, un ripascimento serio, una rifioritura delle barriere — può costare quanto l’intero stanziamento destinato a un Comune. Con 2,4 milioni non si mette in sicurezza la costa: si provano ad evitare i danni peggiori, quelli che accadrebbero nel giro delle prossime settimane.
Il bando è chiaro: i fondi servono solo per proteggere la parte “antropica”, ovvero tutto ciò che è già costruito. Parliamo di infrastrutture pubbliche, strade, marciapiedi, sottoservizi, stabilimenti balneari, edifici troppo vicini al mare. Nessun intervento naturalistico, nessuna riqualificazione ambientale: è un’azione d’emergenza, pensata per impedire che la linea di costa si porti via ciò che l’uomo ha realizzato negli ultimi decenni.
Il rischio, però, è sempre lo stesso: quando si mette tutto in un bando, non è detto che i fondi vadano dove c’è realmente più bisogno. In un sistema ideale, verrebbe premiato il tratto di costa più fragile, quello che rischia un danno immediato alla pubblica incolumità. Ma nella pratica, spesso prevale chi è più veloce a compilare i documenti, chi ha un ufficio tecnico organizzato, chi può permettersi un progettista che produce una relazione perfetta in poche ore. Così finisce che i territori più esposti, ma con meno mezzi amministrativi, restano indietro.
La difesa della costa richiederebbe tutt’altro: una mappatura obbligatoria dei tratti critici, una priorità dettata dal rischio reale e non dalla velocità burocratica, un supporto tecnico ai Comuni che non hanno personale sufficiente per reggere il peso di una procedura complessa. E invece continuiamo con la logica del “chi arriva prima”, che mal si adatta a fenomeni naturali che non guardano i protocolli.
Nonostante tutto, questo stanziamento è importante. È un cerotto, non la cura, ma almeno evita che l’inverno trasformi l’erosione in un disastro. È un primo passo in un quadro più ampio, quello dei circa 90 milioni che la Regione dovrà investire per la difesa integrata della costa. Ma per far sì che i prossimi interventi non si trasformino nell’ennesima corsa alla migliore PEC, servirà una visione diversa, più equa e più coerente con le reali fragilità dei territori.
Perché la sicurezza della costa non dovrebbe mai essere una gara di velocità burocratica. E nemmeno un premio alla miglior relazione tecnica. Dovrebbe semplicemente essere ciò che è: un dovere verso chi vive, lavora e resiste ogni giorno a pochi metri dal mare.
Insomma spiccioli per le spiagge.