MONTECASSINO - PACE, LUCE, CARITA' E SPERANZA

  • Tommaso Villa

Un luogo di “Pace”, “Luce”, “Carità” e “Speranza”. Sono questi i quattro temi scelti dall’Abbazia di Montecassino che ispireranno il cammino spirituale verso il 2029, anno in cui saranno celebrati, con un Giubileo ad hoc che vedrà protagonista l’intero mondo benedettino, i 1500 anni dalla sua fondazione. Ad annunciarli è stato il Padre Abate dom Luca Fallica al termine del solenne pontificale in onore del fondatore del Monastero, San Benedetto, patrono d’Europa, di cui oggi la Chiesa celebra la ricorrenza. A presiedere la celebrazione, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Domenico Battaglia, accompagnato dal vescovo ausiliare mons. Michele Autuoro. Presenti anche il vescovo della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, mons. Gerardo Antonazzo, e l’arcivescovo e abate emerito mons. Fabio Bernardo D’Onorio. Oltre a numerosi sacerdoti provenienti da diverse diocesi limitrofe.

“Ci apprestiamo a celebrare i 1500 anni della fondazione di Montecassino, il che ci sollecita a fare memoria di ciò che questo luogo ha significato nell'arco ampio di questi quindici secoli e a domandarci cosa oggi è chiamato a rappresentare, nel nostro contesto, per aprirlo profeticamente a un orizzonte di speranza”, ha affermato l’Abate Luca nel suo intervento. “In particolare – ha poi precisato - sono tre i luoghi da non dimenticare: Norcia, il luogo della nascita, fondamentale perché ogni vocazione alla santità si iscrive dentro la prima e originaria vocazione: quella alla vita; Subiaco, iI luogo della prima ricerca di Dio e dell’iniziazione alla vita monastica; Montecassino, il luogo della maturità e del compimento della vita, che consegna ad altri la propria esperienza spirituale attraverso la testimonianza di una Regola”.

Nell’annunciare poi il “Giubileo 2029”, ha detto: “È dunque prezioso il suggerimento dell’Abate Primate, padre JeremiasSchroeder, di vivere il Giubileo del 2029, che egli desidera sia The Jubilee of Benedictine life, “Giubileo della Vita benedettina”, all'insegna del tema del “luogo””.

“Nel cammino che conduce al Giubileo del 2029, quando tutta la famiglia benedettina sarà invitata a guardare tanto a Montecassino quanto al proprio monastero come luogo di speranza, vorremmo ogni anno sostare SU un aspetto di questo volto multiforme. Proponiamo di vivere un cammino scandito da quattro tappe, che possono prendere avvio non dall'anno solare, ma dalla solennità di san Benedetto, patrono d'Europa, che la Chiesa universale celebra I'11 luglio”.

Ogni tappa ha un suo tema e in questo modo lo spazio (il luogo) si intreccia con il tempo (quattro anni verso il 2029), per disegnare un cammino progressivo, orientato verso una meta: il luogo della speranza.

“In questo primo anno che va dall'11 luglio del 2025 all'11 luglio del 2026 - ha illustrato ancora l’Abate Luca - desideriamo sostare e contemplare il monastero benedettino come luogo di pace. Il termine latino Pax sovrasta il portale di ingresso all'Abbazia di Montecassino, come ad accogliere visitatori e pellegrini, ma anche per consegnare loro un impegno, una volta discesi nelle proprie realtà: vivere nella beatitudine di coloro che possono essere chiamati figli e figlie di Dio proprio perché facitori di Pace. In modo significativo, dal punto di vista simbolico, il portone Pax introduce nell'Abbazia grazie a un'ampia scalinata che può evocare la "scala di Giacobbe", sulla quale gli angeli salivano e scendevano, secondo il libro della Genesi (cf. Gen 28,12). Oggi noi desideriamo salire e scendere quella scala per accogliere da Dio il dono della pace e testimoniarlo nelle realtà in cui siamo chiamati a discendere e a immergerci.

Nel secondo anno, dall11 luglio 2026 all'11 luglio 2027, il monastero sarà ricercato come "luogo di luce". Nell' orizzontalità della storia, così spesso ottenebrata da tanta oscurità, la verticalità di Dio si rivela come luce che viene a rischiarare le nostre tenebre. Montecassino, esposto come è allo sguardo di tanti, collocato sulla cima di un monte, desidera essere luogo di luce, che nel mistero pasquale può e vuole rischiarare le tenebre della notte. Ogni monastero desidera esserlo, anche per illuminare la ricerca di tanti: ricerca di Dio, ricerca di un senso per la vita, ricerca di un compimento felice della propria esistenza. San Benedetto, al termine della sua vita, nella sua cella, che può essere ancora visitata qui a Montecassino, vide "il mondo intero come raccolto in un unico raggio di sole", mentre una luce, che scendeva dall'alto, (Gregorio Magno, Dialoghi, II, 35,3). Di questa luce abbiamo bisogno, per imparare a guardare la storia nello sguardo stesso di Dio.

è il tema proposto per il terzo anno, dal 2027 al 2028. Benedetto vuole che i suoi monaci siano dei cenobiti e al capitolo 72 della sua Regola addita lo zelo buono, I'amore sincero e oblativo, refrattario alle tentazioni di uno zelo amaro intessuto di gelosia, invidia, competizione, egoismi individualistici e narcisistici, come fondamento e anima una vita comunitaria autentica, vissuta nella carità di chi impara a non anteporre nulla all'amore di Cristo e disidera camminare insieme a tutti gli altri verso la vita eterna, che è vittoria della vita sulla morte, ma anche della comunione sulla dispersione.

Infine, l'ultimo tratto di strada ci condurrà, dall' 11 luglio 2028 a tutto il 2029, a celebrare Montecassino come . Saremo finalmente sostenuti e incoraggiati non da un sogno fantasioso e irreale, ma da una speranza ben fondata, che non delude, perché sarà maturata attraverso una paziente e assidua ricerca della pace, della luce, della comunione”.

“Camminando in questo modo desideriamo interrogarci come rendere vere queste parole nella vita dei nostri monasteri, e anche nella testimonianza e nel servizio che essi sono chiamati a rendere al mondo di oggi, in questa nostra storia, così tribolata, in quel e che è il luogo della nostra vita, della nostra ricerca, del nostro desiderio. Come essere oggi luogo di pace, di luce, di comunione nella carità, di speranza?

Impegniamoci e aiutiamoci a tenere ben vive queste domande nelle nostre comunità, nei nostri ambienti, con chi ci accosta, con quanti, pur non condividendo la nostra fede, desiderano comunque assumere e vivere in pienezza, con , la propria umanità. Teniamo vive le domande, risvegliamole, cerchiamo insieme degli orientamenti cui tendere, delle vie da percorrere, delle risposte da abbozzare, nell'ascolto di colui che anche oggi continua a cercare il suo operaio tra la folla, rivolgendogli i| suo appello: (RB, Pr 14-15). è l'imperativo con il quale si apre la Regola di san Benedetto; è il primo verbo che la sua esperienza spirituale ci consegna, il primo e fondamentale atteggiamento del cuore, della mente, di tutta la persona che egli ci invita ad assumere. Ascoltiamo dunque il suo appello e l'intero suo insegnamento, rispondiamo alla sua domanda, e facciamolo cercando insieme la pace, la luce, la comunione, per camminare con fiducia nella speranza. Così giungeremo ad accogliere il dono della vita piena e sovrabbondante, e a vedere giorni felici.

Locus iste! Montecassino: questo è il luogo!”.

Nel corso dell’omelia, invece il card. Battaglia ha affermato: “Benedetto: non gridò la verità. Non la sventolò come una bandiera in tempo di guerra. Scelse di seminarla nel cuore degli uomini, affidandola a gesti quotidiani, a regole minime, a ore di preghiera e lavoro E mentre il mondo intorno crollava, lui ordinava le giornate come si ordina una mensa per gli ospiti: con cura, con misura, con amore. La sapienza - ci ricorda il testo sacro - si conquista mettendo in ordine il cuore. E Benedetto lo ha fatto come si mette ordine in una casa dopo una tempesta: con mani stanche, con occhi lucidi, con fede ostinata. Ha dato forma ai giorni, ha insegnato che c’è una bellezza nascosta nella ripetizione, che non serve una vita straordinaria per cercare Dio,ma una vita semplicemente fedele. E ha capito qualcosa che ci riguarda ancora oggi: che in un mondo che corre e si perde,

servono uomini e donne che facciano silenzio su tutto il resto, e ascoltino solo ciò che conta davvero.

Perché a volte, per tornare a Dio, non bisogna fare mille passi avanti, ma uno indietro: tornare a quella voce che ci chiama “figli”. A quel luogo interiore dove il tempo è ancora sacro, la parola è ancora promessa, e la sapienza è ancora un dono che si riceve in ginocchio.

Benedetto fu uomo di ascolto. La sua Regola inizia con una parola semplice: “Ascolta, o figlio”.

Non dice: “Obbedisci”, non dice: “Costruisci”, non dice: “Agisci subito”. Dice: Ascolta. Perché ogni conversione vera comincia da lì: dal silenzio che fa spazio all’altro, dalla pazienza che impara i tempi di Dio, dalla fiducia che si lascia istruire. E Benedetto, prima di essere guida, fu figlio. Figlio della Scrittura, figlio del suo tempo, figlio della Chiesa. E così diventò padre, e generò un mondo nuovo nel grembo della storia”.

Venendo alle guerre che scuotono l’oggi, Sua Eminenza ha invitato a fare proprio l’imperativo alla “Pace” proprio dell’esperienza benedettina: “Convertiamo gli arsenali in ospedali, gli utili di guerra in borse di studio, i bunker in biblioteche. Facciamolo ora—non per idealismo, ma perché ogni ritardo ci rende complici. Complici del fuoco che brucia i villaggi,complici dell’applauso in Borsa quando un conflitto si allunga.Complici del marmo freddo delle coscienze che scorrono i notiziari senza lasciare che una sola immagine trapassi la pelle.

Benedetto ci guarda. Non come un’icona ingiallita dal tempo, ma come un testimone che con il dito tocca le ferite del mondo e ne dice il nome senza paura: guerra, idolatria del profitto, viltà politica.

E se noi tacessimo ancora una volta, sarebbero le pietre dei chiostri a gridare, a dire che non è il cielo a tradire l’uomo ma è l’uomo a tradire se stesso, ogni volta che preferisce un’esplosione di morte al pane spezzato che è vita.

Per questo, sull’altare della festa di Benedetto, non stendiamo fiori, ma un appello accorato. Un grido a chi compra armi invece di pane, a chi brinda quando un titolo “difesa” sale in borsa, a noi stessi - che ci siamo abituati a scivolare sulle notiziecome pioggia su pietra. Se l’Europa tollera ancora campi incendiati e sirene notturne, è perché qualcuno ha deciso che il sangue rende più del grano. Se il Sud del mondo conta bambini gonfi di fame mentre nei summit si sfoggiano cravatte di seta, è perché si investe nella morte come in un titolo sicuro.

Benedetto griderebbe.

Direbbe che ogni missile è un’eresia contro l’uomo, che ogni bilancio militare approvato è un atto di apostasia civile. Ai governi direbbe: avete violato la Regola del vivere - quella vera,che mette l’altro al centro e il denaro fuori dal tempio. Agli azionisti dell’industria bellica direbbe: state falsificando il Vangelo. State trasformando il ferro dell’aratroin schegge per dilaniare innocenti”.