LA TRAGEDIA - IL FALLIMENTO DELLA SCUOLA ITALIANA

  • Tommaso Villa

Una ragazza di 17 anni a Latina si è tolta la vita dopo la seconda bocciatura consecutiva. Una notizia che gela il sangue e che non possiamo archiviare come semplice cronaca nera. È il simbolo del fallimento della scuola italiana.

Spendiamo milioni di euro in campagne contro il bullismo, con slogan, incontri e sportelli psicologici. Ma il primo bullo, troppo spesso, è proprio la scuola. Perché oggi non è più un percorso di crescita verso la maturità, ma una corsa a ostacoli in cui chi inciampa viene lasciato indietro. Invece di insegnare inclusione, pratica l’esclusione.

Un Piano Didattico Personalizzato, che dovrebbe essere strumento di tutela per chi ha difficoltà, viene ignorato o disatteso. Un preside che dovrebbe essere guida diventa il primo a schernire uno studente per un ritardo davanti a tutta la classe. Professori che dovrebbero accompagnare trasformano la fragilità in colpa, la diversità in condanna.

Questa non è educazione. Questa è violenza istituzionale. È bullismo con la giacca e la cravatta.

Il risultato? Ragazzi che si sentono soli, inadeguati, senza futuro. Ragazzi che finiscono per credere di non valere nulla. E quando una vita si spezza, non è solo il fallimento di uno studente: è il fallimento di un sistema intero, di una comunità intera.

La scuola dovrebbe essere il luogo delle seconde possibilità, della fiducia, della costruzione di cittadini consapevoli. Invece resta intrappolata in una logica di giudizio, di numeri, di voti, di “promosso” e “bocciato”, come se il destino di una persona si misurasse in un registro.

Quanti ragazzi abbandonano la scuola ogni anno? E ogni volta che un giovane la lascia, abbiamo creato un emarginato: una persona che avrà una vita difficile, con poche opportunità nel mondo del lavoro, incapace di dare appieno il proprio contributo a una società più giusta.

E allora non lamentiamoci se il privato avanza: perché spesso è l’unico a offrire una seconda opportunità, l’unico salvagente per famiglie, ragazzi e comunità intera.

La tragedia di Latina ci obbliga a dire le cose come stanno: finché la scuola non smetterà di essere un’arena dove vince il più forte e non diventerà finalmente un luogo di vera inclusione, continueremo a piangere giovani vite spezzate nell’animo e, purtroppo, anche fisicamente.