ALATRI - AMARCORD SCUOLA LUIGI CECI
- Tommaso Villa
Visto l'interesse suscitato dalla notizia della demolizione della Scuola elementare Luigi Ceci, e visto il riscontro di tanti amici proseguiamo con la seconda parte dei ricordi dello storico plesso di via del Calasanzio.
Pierfrancesco Minnucci da anni non è più residente ad Alatri ma ha ancora vivi alcuni Ricordi della scuola “Luigi Ceci”:
"Come non dimenticare La festa dell’albero nel giardino, le recite di Carnevale in palestra. Le nevicate – allora frequenti – che interrompevano le lezioni, mentre noi bambini restavamo incantati a guardare i fiocchi con il viso appoggiato ai vetri. Tra i ricordi più intensi, l’abolizione delle classi differenziali: un passaggio storico, vissuto con entusiasmo anche da noi bambini. Ricordo la gioia di accogliere quei compagni che, fino a poco prima, ci sembravano così lontani – anche solo per via di un grembiule di colore diverso. Uno di loro fu inserito nella nostra classe: diventò subito uno di noi. Ancora oggi ci lega un’amicizia profonda. La mia maestra, Sandra Boezi, è per me una figura indimenticabile. La saluto con lo stesso affetto di cinquant’anni fa. Raffaella, la bidella, era un punto fermo: una vera istituzione. Il direttore Ambrogi. Tutte le compagne e tutti i compagni di classe…E poi Pierino. Un compagno a cui ho voluto davvero bene. Ho saputo da poco che è scomparso prematuramente. Il suo ricordo mi accompagna ancora, insieme alle sue marachelle".
Tarcisio Tarquini non ha certo bisogno di alcuna presentazione: "Sono andato in quella scuola e quindi ho tanti ricordi, le aule luminose o la grande mensa. Ma ancor prima ricordo la costruzione e mio padre che lavorava lì come carpentiere e che a mezzogiorno vedevo passare, all'asilo che frequentavo, quando tornava a casa per il pranzo. Ricordo benissimo la prima gita scolastica, destinazione Subiaco, dove non arrivammo per l'incidente dell'autobus che finì nel burrone (io mi trovavo sull'altro che lo precedeva)".
Dopo il ricordo di Tarcisio forse è doveroso cosa accadde. Il 20 maggio del 1961 poco dopo le 8 in località San Giovanni a Trivigliano un pullman carico di bambine e bambini venne urtato da un autobus di linea. Il torpedone degli alunni per lo scoppio di un pneumatico anteriore e la rottura dei giunti del differenziale urtò dapprima un muricciolo delle ferrovie vicinali e quindi dopo essersi capovolto fini in un fossato dopo un volo di 15 metri a poca distanza da un burrone profondissimo. Marilinda Figliozzi ricorda bene quel giorno: "Uno degli Spagnoletta che ruppe un vetro per farci uscire, ricordo Ermanno Retrosi che si dava da fare parecchio per mettere in sicurezza e che poco dopo rassicuro me e mi fratello Aldo che i nostri genitori erano li e ai quali, come agli altri non era fortunatamente accaduto nulla di grave". Furono 67 bambini e bambine ad essere trasportati al San Benedetto di Alatri e alla clinica Santa Elisabetta di Fiuggi. Oltre ai bambini c'erano i loro insegnanti: Virginia Sistopaoli, Ines Bragaglia, Ubalda Bellincampi, e l'assessore Giuseppe Cianfrocca.
La notizia rimbalzò quasi subito ad Alatri destando con poca preoccupazione nei genitori dei bambini. Alcuni di loro, i meno gravi vennero fatti salire sul trenino e coccolati da alcuni studenti che si recavano a scuola ad Alatri. Molti offrirono la loro merenda ai più piccoli con i loro candidi grembiulini ormai sporchi di terra e sangue. Una gara di solidarietà di molti; chi aveva un'automobile o un motociclo si recava nella zona dell'incidente creando anche non poca confusione. Ma fortunatamente non ci furono vittime e feriti gravissimi. Un miracolo gridò qualcuno e questo qualche tempo più tardi fece nascere l'idea di installare una statua della Madonna lungo la Strada statale 155. Da documenti e carteggi fornitici da Marilinda Figliozzi venne abbandonata questa idea per un diniego dell'Anas e così più tardi tramite l'architetto Federico Malusardi e lo scultore Brennen nell'atrio della Luigi Ceci fu inaugurata alla presenza del caro ed indimenticato vescovo Vittorio Ottaviani la statua della Madonna, rappresentante la Vergine in atto di protezione materna che stringe a sé alcuni fanciulli. Prima della decisione della demolizione della scuola in molti in città si erano preoccupati delle sorti dell'imponente opera in ceramica di Leoncillo Leonardi e della statua della Madonna. Per quanto riguarda quest'ultima ci ha rassicurato l'attuale assessore alla Pubblica Istruzione Simona Pelorossi che ringraziamo di cuore. La statua si trova al di fuori della scuola media Dante Alighieri ma ben riparata) e che ha voluto lasciare anche lei un commento: "I ricordi di una scuola che non c'è più evocano un misto di nostalgia e malinconia. Evocano altresì ricordi di un'epoca diversa e più semplice di quella attuale; ricordi di amicizie, delle prime scoperte, delle insegnanti e collaboratrici che non ci sono più e che hanno lasciato impronte indelebili nelle nostre vite. Ricordare è cambiare però e aprire un ponte verso il futuro, un futuro da scrivere".
Dario Ceci: Bellissime testimonianze di vita vissuta dove riaffiorano anche e soprattutto con non velata malinconia, ricordi di un passato che in maniera ignominiosa hanno deciso di cancellare con le ruspe. Sono stato sempre contrario alle demolizioni, sempre".
Rossana Gatta insegnante in pensione: "Con la maestra Erminia D'Orazio facevamo tutto a casa, pochi compiti a scuola. Alla maestra, che fu premiata ( non so in che modo, da chi), dispiaceva che finisse l'anno. Le classi erano ancora divise maschi/ femmine, negli anni 57/61. Alla maestra piaceva che i bambini recitassero, io ho fatto Marcellino pane e vino. Si cominciava a ottobre e si finiva alla fine di giugno. Una volta eravamo in corrispondenza con una classe di Roma che fu nostra ospite. Mangiarono con noi in palestra e ognuna di noi doveva portare un piccolo regalo alla bambina con la quale era in corrispondenza. Loro portarono il simbolo di Roma, la lupa con Romolo e Remo.
Venivano i ragazzi delle magistrali per vedere il metodo di insegnamento della maestra Erminia. All'inizio non era asfaltata la strada, perché era una zona abbastanza periferica in quel periodo".
Maurizio Ceci da anni abita a Venezia ma non ha mai dimenticato la sua e nostra Alatri e, ovviamente la Luigi Ceci: "Prima di entrare si giocava sulle scale. Era una cosa nuova: alle 8 tante ragazzine e ragazzini vestite con grembiuli candidi e puliti e quell'enorme fiocco blu. Cose che rimangono nel cuore. E quelle classi di 30 alunni di varie estrazioni sociali tutti insieme come fratelli. Avevamo l'innocenza di credere chissà quali orizzonti, quale futuro, fantasticare. Erano tempi dove ti insegnavano l'educazione e metterla in pratica con azioni semplici, cominciavi a vivere con gli altri bambini la quotidianità dell'essere società, ma anche imparare a convivere. Bei tempi in quanto innocenti, crudi ma aperti al mondo". Marco Macciocca: "SI c'ero anch'io alla Luigi Ceci con la mia maestra per me la migliore Antonietta Cataldi. Tanti ricordi mi legano, belli e meno belli come l'episodio che vide in nostro coetaneo cadere dal muretto di recinzione, non si fece niente, non riportò ferite gravi, ma noi rimanemmo scossi (quel bambino di cui non diremo il nome per rispetto alla famiglia, purtroppo ci ha lasciato tanti anni fa quando ancora aveva una vita davanti". Perchè oltre a molti ex alunni che hanno finora lasciato un ricordo ce ne sono altri che non ci sono più così come tanti cari maestri e maestre e le bidelle ed i bidelli. Come dimenticare Raffaella, Antonietta, Diego e altri. (2° parte)
Bruno Gatta