OMICIDIO DELLA CERTOSA - DON CELANI, UCCISO NEL LUOGO SACRO
- Tommaso Villa
A 80 anni dall'efferato omicidio del monaco certosino don Michele Celani ancora non è stato dato un nome all'autore del delitto. Della vicenda tanto è stato scritto: libri, articoli di giornali, romanzi, riduzioni cinematografiche.Trascorsi tanti anni da quella brutta storia, quando cioè nella notte tra il 26 e il 27 novembre del 1945, almeno sette persone riuscirono ad entrare, non si sa come all'interno della Certosa e uccisero barbaramente don Michele. Ucciso per estorsione o per altri motivi?
Lo studioso di storia locale e appassionato della Certosa di Trisulti Fabrizio Girolami è riuscito ad aggiungere qualche tassello in più alla vicenda. Individuando tra l’altro e la ricerca non è stata facile, la stanza dell’ appartamento del procuratore don Michele Celani, e scoprendo anche che egli fu direttore dell'oleificio che i certosini costruirono nel 1935 e inaugurarono il 30 gennaio 1936 a Collepardo. Ovvero don Michele in ragione del suo ufficio e di economo del monastero, aveva rapporti con il mondo esterno, potendo liberamente uscire dalla certosa. Questo ultimo particolare potrebbe far spostare l'ago della bilancia.
"Il motivo della sua uccisione forse non scaturì per una rapina a scopo di estorsione finita male - spiega Girolami - ma potrebbe essere il risultato di una vendetta personale forse consumata all’interno della stessa comunità certosina per cui non potrebbe escludersi che l’autore materiale del delitto fosse stato un fratello converso. E il motivo potrebbe essere la gelosia nei confronti del procuratore. Troppe verità nascoste e una certa fretta nel chiudere il caso. Furono aperte delle indagini che culminarono nel processo penale instaurato dinanzi al tribunale di Frosinone, giudice istruttore Salvatore Zhara-Bhuda, a carico di ignoti imputati del reato di omicidio di don Celani in Collepardo il 27 novembre 1945.
Il processo si concluse con una sentenza di non luogo a procedere del 19 maggio 1952. Questo il dispositivo: “ Su conforme richiesta del p.m. dichiara di non doversi procedere per essere rimasti ignoti gli autori del reato “. Troppe cose non tornano in questa brutta pagina di cronaca nera locale. "Secondo la verità ufficiale diffusa sulla base di una relazione a firma dell’allora priore della certosa don Bruno Zuccarello, quella notte invernale del 45 i monaci si trovavano nel Coro della chiesa per l’ufficio notturno quando improvvisamente, si aprì una porta laterale e videro almeno sette persone, vestite in grigio-verde con lampade tascabili e armi al seguito.
I religiosi furono invitati ad uscire dagli stalli e uno degli sgherri chiese chi fosse il padre guardiano e, una volta individuato nella persona di don Bruno gli fu chiesto il luogo dove era la cassaforte. Il priore disse che la cassaforte, chiusa a chiave era custodita in una stanza dell’ appartamento del procuratore, situato al piano inferiore. I banditi, dopo essere usciti dalla chiesa e aver attraversato il chiostrino fungente anche da cimitero, dopo aver rinchiuso i monaci nella vicina sala del Capitolo salirono le scale e si portarono su al piano superiore. Dopo aver bussato con veemenza penetrarono all’interno.
Qualche istante dopo nella stanza adibita a studio il procuratore della certosa padre Michele Celani cadde supino sul pavimento con le braccia aperte, in una pozza di sangue colpito da due colpi di arma da fuoco. Poi puntarono le armi verso il priore Zuccarello esclamando: “Ora tocca a voi!”. Fortunatamente l'esecuzione non ebbe seguito. I rapinatori riuscirono ad accedere nella stanza della cassaforte, ma la chiave non si trovava. I religiosi erano disperati costretti a guardare il loro confratello morto sul pavimento, e a dover aiutare i mascalzoni a cercare la chiave della cassaforte, o attrezzi per scassinarla, e finanche a cercare soldi in altre stanze. Furono offerti anche buoni del tesoro che dopo resistenze vennero accettati dai manigoldi. Il giorno dopo salirono su a Trisulti i reali carabinieri di Collepardo, il vescovo di Alatri monsignor Edoardo Facchini, questurini e curiosi.
Durante le indagini emersero tanti dubbi e incongruenze. I certosini dopo quel misfatto decisero in fretta e furia di andare via per sempre da Trisulti lasciando la certosa nelle mani dei cistercensi il 31 gennaio 1947. E che come abbiamo visto il processo si concluse con un nulla di fatto nel 1952. Fu allora veramente una rapina a scopo di estorsione come dichiararono e ribadivano nel processo gli stessi monaci? E se, invece, il movente fosse stato in realtà un altro? Rancore personale o vendetta determinata da motivi di gelosia nutrita dall'assassinio verso il religioso? Insinuazioni tante all'epoca e negli anni a venire. Perché fu chiuso subito il caso? Ignoto il motivo, dopo 80 anni si conosce la stanza del delitto, sono consultabili le carte del processo ma i sospetti rimangono.
Bruno Gatta