LA CIAMBELLA DUE - ISOLA: L'INCOMPIUTA
- Tommaso Villa
Ciammellando, ho pensato a quei giochi proposti dalla Settimana Enigmistica, tipo unisci i puntini, indovina chi, i cruciverba. Qual è l’immagine di Isola, da cosa si può capire che siamo ad Isola? La cascata è fin troppo facile, ma mi sembra che ci sono altre immagini e altre storie che possono rappresentare la nostra città e la nostra isola. Ho sempre pensato che Isola del Liri rappresenta, anche, una sorta di isola culturale, una enclave con caratteristiche demografiche e con una storia unica, che da sempre unisce aspetti naturalistici meravigliosi e monumenti alla storia umana e alle trasformazioni culturali.
Ma ho come l’impressione che manchino i puntini per unire il tutto in una figura rappresentativa della città. Se predominasse il solo aspetto naturalistico, il fiume, le 3 cascate, il parco fluviale, le colline e le vedute, ci si rende conto che mancano pezzi clamorosi, vale a dire che se puntiamo al solo aspetto naturalistico, quello che ha fatto la fortuna di Isola del Liri durante il Gran Tour a fine settecento e inizio ottocento con la magnificenza di paesaggi celebrati da pittori francesi, inglesi, danesi, ci troviamo di fronte ad alcune barriere artificiali che costringuono le acque e gli sguardi a limitazioni e censure.
Se puntiamo lo sguardo alla storia civile abbiamo tanti aspetti usati e abusati: la città fabbrica, l’archeologia industriale, la lefebre, la macchina continua, la Boimond, le Meridionali, la miriade di piccole fabbriche ancora visibili nell’urbanistica della città. Ma anche qui i puntini non mostrano una visione di insieme: tante piccole realtà non unite in una visione di insieme. Nonostante il fatto che ci siano tante associazioni ad Isola che sembrano occuparsi della storia industriale del paese, ognuna legata ad un particolare carro di origine politica, la “città fabbrica” non raccoglie una visione di insieme come invece storicamente era.
Un enorme incompiuta, rappresentata da associazioni culturali diverse che rivendicano primogeniture, progetti faraonici, con maree di soldi arrivati dall’Europa; quello che resta sul territori sono incompiute: il “suffunno”, la Lefebre, è un esempio di archeologia industriale, ma non è un museo dell’archeologia industriale, la macchina continua è confinata in uno spazio assediato, altri esempi di strutture industriali trasformate in esercizi commerciali, uffici, abitazioni.
Il Parco fluviale è ancora monco, poco curato, soprattutto nel tratto dove c’erano le cinque cascatelle raccontate dai pittori europei, la Boimond e le Meridionali sono in vendita, l’una trasformata in attività commerciale diffusa, l’altra in una accozzaglia di imprese piccole e medie senza alcuna capacità di fare rete, che so, una comunità energetica, una economia circolare, una cura della logistica e dell’aspetto di quella grande fabbrica. Ci sono isole significative ma non unite dai puntini. Sembra mancare una visione d’insieme. Adesso sembra che il turismo rappresenti il presente e il futuro di questa città. Ma anche su questo mancano puntini di unione e non può essere affidato alla buone volontà di singoli imprenditori, da soli non possono farcela.
Ma tu pensa quanto sarebbe bello se….. una sola immagine potesse racchiudere la infinita potenzialità del luogo: l’ecomuseo diffuso della “città Fabbrica”, che comprende le cascate, le 3 cascate, che almeno siano libere da vincoli in occasione delle feste comandate (cominciamo da questo), e il parco fluviale, la macchina continua, un vero Museo della Città Fabbrica, con le testimonianze architettoniche, quelle che sono rimaste, quelle che si sono trasformate e quelle che non ci sono più, il Castello, la Villa Lefevre, soprattutto un punto di raccolta in cui vedere e riconoscere la storia e la vita degli operai e dei mestieri: il tessitore, il follatore, l’addetto alle caldaie, i lavori femminili, i telai domestici (c’è stato un tempo in cui quasi in ogni famiglia un telaio ha occupato la stanza di casa più grande), l’asilo delle Meridionali, i filmati storici, la raccolta di interviste e di libri che raccontino la storia dei luoghi e dei personaggi, la promozione di ricerche e premi sulla città fabbrica, sulle molteplici realtà economiche che hanno dato vita alla città, in una anticipazione dei principi dell’economia circolare: cartiere, lanifici, feltrifici (il punto di congiunzione tra le due realtà), fonderie, falegnamerie, cartotecniche, tipografie, officine meccaniche, officine per il trattamento dei metalli.
Credo sia doveroso riconciliarci e valorizzare il nostro passato. Poi, tutti insieme potremmo chiederci: basta uno sviluppo, sostenibile, legato al solo turismo? E di tutto questo glorioso e meraviglioso passato cosa vogliamo farne?
GOCCIA D'ACQUA