ARCE - CORTOMETRAGGIO SULL'OMICIDIO DI SERENA MOLLICONE
- Tommaso Villa
Questa sera, su Rai 2, tornerà a vibrare una ferita che da ventiquattro anni non smette di sanguinare. “Nient’altro che la verità – Il caso di Serena Mollicone” è più di un documentario: è un viaggio dentro il dolore e il silenzio, dentro quella provincia che non ha mai smesso di cercare un perché.
Arce, 2001. Una ragazza di diciotto anni, Serena, scompare e viene ritrovata senza vita nei boschi di Fonte Cupa. Da allora, il suo nome è diventato simbolo di un’Italia che vuole credere nella giustizia, ma che troppe volte l’ha vista sfuggire di mano, tra versioni contrastanti, accuse, assoluzioni e nuovi processi.
E poi c’è lui, Guglielmo Mollicone, suo padre. Un uomo qualunque diventato simbolo di resistenza morale. Lo portarono via durante i funerali della figlia — un’immagine che l’Italia intera non ha dimenticato — e da quel giorno la sua vita cambiò per sempre. Non smise più di cercare la verità, consumandosi dietro alle carte, ai processi, alle porte chiuse e alle promesse mancate. È morto senza conoscerla, ma la sua voce continua a risuonare ogni volta che si parla di Serena.
Il film di Giampaolo Marconato, scritto da Nicola Vicinanza e prodotto da Indigo Stories con Rai Documentari, intreccia testimonianze, immagini d’archivio e la voce di chi, in questi anni, ha raccontato il caso con rispetto e tenacia. Ma soprattutto, restituisce uno sguardo nuovo: quello di una generazione che non c’era e che oggi si interroga su cosa significhi davvero “verità”.
Mentre il documentario va in onda, il calendario della giustizia segna un’altra data: il 24 ottobre 2025, giorno in cui si aprirà il nuovo processo d’appello dopo la decisione della Cassazione dell’11 marzo scorso. La storia, dunque, non è chiusa. E forse non lo sarà finché la verità non sarà piena, limpida, condivisa.
Serena era una ragazza come tante, con sogni semplici e un sorriso che ancora commuove. Oggi, la sua storia torna in prima serata, ma in fondo non se n’è mai andata: è rimasta impressa nei cuori di chi vive in Ciociaria, tra quelle strade, tra quei volti che da anni cercano risposte.
Perché la verità non è solo una sentenza. È un atto di memoria collettiva. E questa sera, davanti a uno schermo, molti di noi guarderanno ancora quella ragazza come fosse una figlia, una sorella, una di noi.