CULTURA - CECCANO E LA SUA EREDITA' ARCHEOLOGICA

  • Tommaso Villa

In una nota del libro "Ceccano la Fabrateria degli antichi" (1972), il compianto storico Carlo Cristofanilli racconta un episodio significativo: nel 1825, durante gli scavi archeologici nella contrada San Marco (nota anche come "Le Cocce"), il sovrintendente Visconti rinvenne un sarcofago appartenente, secondo l’iscrizione, ad una certa Aurelia Capitolina. Gli scavi erano condotti per conto della duchessa di Berry, madre del duca di Chambord.

Nella stessa zona, denominata ponte San Marco sul fosso della Maiura nei pressi località Le Cocce, sono ancora visibili due arcate: una di epoca romana, l’altra medievale. In epoca medioevale, vi sorgeva anche la chiesa di San Marco. Questi elementi hanno alimentato l’ipotesi che l’antica villa romana rinvenuta in zona potesse appartenere all’imperatore Marco Aurelio, o secondo altri studiosi, ad Antonino Pio. In ogni caso, il ritrovamento rappresenta una scoperta di straordinario valore per il territorio ceccanese.

La contrada Cardegna e il toponimo "Le Cocce" deriva dai numerosi frammenti ceramici che affioravano durante i lavori agricoli. Nonostante ciò, il Piano Regolatore Generale approvato dalla Regione Lazio nel 1993 non vincolò l’area come zona archeologica. Solo in seguito, grazie alla scoperta della villa romana, la Sovrintendenza attivò i vincoli previsti dalla Legge n. 364 del 1909, su un’area di circa 3 ettari nella contrada Cardegna, zona Morrecine/Le Cocce. I lavori archeologici iniziarono tra il 1996 e il 1998.

L’area è stata messa in sicurezza con teli di juta e uno strato di sabbia di 1,50 metri. Durante gli scavi nella zona detta Fontana la Grotta, è stato scoperto anche un villaggio neolitico risalente al periodo tra il 3500 e il 6000 a.C. Prima della realizzazione della trincea ferroviaria per la tratta Roma-Napoli, furono effettuati rilievi, fotografie e filmati da parte della Sovrintendenza, oggi probabilmente archiviati. Sarebbe auspicabile che l’amministrazione comunale ne acquisisse copia per una valorizzazione virtuale del sito.

I lavori per l’Alta Velocità iniziarono dopo la firma della convenzione con il Comune di Ceccano nel 1994. Come Sindaco, ho vissuto in prima persona le problematiche legate a questa grande infrastruttura. Ricordo con interesse l’articolo del Prof. Pietro Alviti e la proposta innovativa dell’architetto Luigi Compagnoni, che ha riacceso l’attenzione sulla storia e sui reperti archeologici della nostra città.

Il sogno del museo archeologico comunale L’idea di un museo archeologico comunale è antica, ma mai realizzata. Già negli anni ’70, giovani ricercatori ceccanesi dell’associazione "I Volsci", guidati da Cristofanilli, ne parlavano. Un riferimento importante è l’archeologo Italo Biddittu, esperto di fama nazionale in preistoria.

Per realizzare un museo, è fondamentale il coinvolgimento dell’amministrazione comunale, della Sovrintendenza, dello Stato e della Regione Lazio, per reperire le risorse necessarie. Ritengo essenziale coinvolgere anche l’archeologo ceccanese Vincenzo Angeletti, autore di numerosi studi e di una nuova mappatura archeologica della città, utile per divulgare, salvaguardare e valorizzare il patrimonio locale, anche attraverso visite guidate e il coinvolgimento delle scuole.

Verso una proposta concreta

La nuova amministrazione dovrebbe avviare una ricognizione generale: studio delle carte, verifica dei reperti, e avanzare una proposta operativa alla Regione Lazio e alla Sovrintendenza per valutare la fattibilità del museo. Le nuove tecnologie possono rendere il patrimonio culturale più accessibile, interattivo e coinvolgente, superando i limiti fisici del museo tradizionale.

Un ricordo personale

Durante una visita alla località Cardegna, ho conosciuto i coniugi archeologi Desideria Viola e Mauro Bombelli. Negli archivi comunali è conservata una ricca corrispondenza tra l’amministrazione e la Sovrintendenza. Ricordo in particolare la modifica progettuale al viadotto, con una campata lunga 70 metri per salvaguardare parte della villa romana, risalente al periodo tardo-repubblicano e imperiale (III sec. a.C. – II sec. d.C.).

Un giorno, l’archeologo Bombelli mi informò che i reperti sarebbero stati trasferiti a Tivoli, nel deposito regionale. Intervenimmo presso il Ministero dei Beni Culturali, e grazie al contatto con il ministro Melandri, ottenemmo che tutto ciò che era stato "ritrovato a Ceccano restasse a Ceccano"! I reperti furono catalogati, numerati e consegnati ufficialmente al Comune, con verbale firmato da me, dal segretario generale Luciano Guidotti e dalla responsabile ministeriale Giovanna Bellini. Il consiglio comunale individuò Castel Sindici come sede del futuro museo archeologico.

Un appello per il futuro Questa è una pagina di storia amministrativa che dimostra quanto tempo e opportunità siano stati persi per mancanza di progettualità. Ma nulla è compromesso. A volte, le idee giuste e la forza delle convinzioni possono restituire alla nostra città la sua storia millenaria, per le generazioni future.

Maurizio Cerroni

ex sindaco di Ceccano