ECONOMIA - QUEL PASTICCIACCIO DELLA ZES

  • Tommaso Villa

A seguito della volontà del governo Meloni di allargare la Zes a Umbria e Marche, in base a quale criterio programmatico e normativo non si capisce, è scoppiato il pandemonio.

Facciamo chiarezza, le ZES vengono create dal governo Gentiloni con il Decreto Legge 20 giugno 2017, n. 91,Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. L'art. 4 comma 1 recita testualemente “Al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese gia' operanti, nonche' l'insediamento di nuove imprese in dette aree, sono disciplinate le procedure, le condizioni e le modalita' per l'istituzione di una Zona economica speciale, di seguito denominata «ZES».

Nel successivo comma si spiega cosa è la ZES e l'ambito di riferimento territoriale ed economico, “Per ZES si intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purche' presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Le 8 zes individuate sono state poi successivamente unificate con il D.L. 124 del 2023. La forzatura del governo Meloni, alla luce di quanto esposto, è innegabile. Storicamente, Umbria e Marche non sono Mezzogiorno, tantomeno sono aree depresse. Molti equiparano, erroneamente, la ZES unica alla Cassa del Mezzogiorno sono due misure strutturali diverse e riguardano due momenti storico e sociali diversi.

Oggi va modulato un nuovo piano industriale sostenibile ed autosufficiente che liberi dalla dipendenza delle energie fossili e consenta l'insediamento di Hub industriali altamente innovativi e compatibili con il territorio ove insisteranno. Per il Lazio, non solo per Frosinone e Latina, è una opportunità persa.

I segni di crisi dell'ossatura industriale troppo legata a fonti fossili e sviluppati su settori oggi, tranne il farmaceutico, poco competitivi manifestano l'errata programmazione fin qui seguita. Emblematico il caso Stellantis, il monte ore degli ammortizzatori sociali ha raggiunto cifre pazzesche e da parte della proprietà non c'è la voglia di convertire o di modificare gli asset aziendali. Se, a Macchia D'Isernia, Di Riso assume 800 dipendenti a Cassino c'è l'incentivo all'esodo. Se a Macchia D'Isernia ci sono, sotto mentite spoglie, i cinesi che si accaparrano i fondi europei di coesione, a Cassino è lo stato italiano che paga la cassaintegrazione. Questo è un problema che riguarda anche gli altri settori oltre al metalmeccanico e rischia di coinvolgere anche il farmaceutico se, disgraziatamente, dall'altra parte dell'oceano si decidesse di aumentare considerevolemente i dazi. Stesso discorso per le eccellenze agriindustriali, l'aumento dei dazi sarebbe, o meglio, è uno tsunami.

Che la Zes venga estesa al Lazio del Sud è altamente improbabile, i canoni di valutazione sono stati elaborati su base regionale e la presenza di Roma con parametri differenti rispetto al resto della regione crea un ostacolo insormontabile. Spiace che il governo prima e i loro referenti locali, tranne qualche eccezione, abbiano preso sottogamba il problema. Fare la voce grossa ora serve a poco. Senza Zes anche la Tav potrebbe saltare e questo sarebbe un altro passo falso. Senza fare polemiche di sorta, serve concertazione e serve aprire subito un tavolo programmatico politico-istituzionale-sindacale per affrontare l'emergenza e scongiurare l'aggravarsi della crisi di questo territorio ormai allo stremo.

Lorenzo Fiorini - PSI