ATTUALITA' - INTERROGATIVI SULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

  • Tommaso Villa

In uno scenario fosco e non troppo lontano da quello che sembra l’attuale scenario, con la convergenza di interessi tra le grandi multinazionali che stanno sviluppando l’AI e un personaggio sconvolgente come Donald Trump, il dibattito sull’IA non può prescindere tra lo stretto legame tra una funzione informatica di estrema velocità e capacità di sintesi tra miriadi di informazioni e il rapporto con l’intelligenza umana che programma e istruisce.

Paradossalmente il dibattito sulla IA sembra partire dal presupposto futuristico che l’IA possa costituire una intelligenza a parte, che possa evolversi senza avere più rapporti con l’umanità. Due domande: è possibile questa autonomia informatica, e cos’è che fa parte dell’umanità? Ci sono guerre, sopraffazioni, interessi economici, sete di potere e tutto questo è parte del bagaglio umanitario. Il problema non è quanto l’IA possa emanciparsi dall’uomo, il problema è di come l’uomo stesso, o parti di esso, possono utilizzare l’IA per approfondire il solco tra una piccola parte di umanità e il grande resto.

Come sempre il problema non sembra essere rispetto alla natura della tecnica, ma quanto all’uso che se ne possa fare da parte dell’uomo, e da parte di quella piccola porzione di umanità che intende confermare il proprio predominio sulla gran parte della restante umanità.

Facciamo un esempio: Wikipedia sembra ancora conservare uno dei principali fattori di democraticità nell’accumulo di memoria storica e di formazione del dato storico: vale a dire che esiste una sorta di comitato etico formato da un vasto pubblico che interagisce e commenta; quello che viene fuori è un compromesso tra varie anime ed è sempre possibile, per le voci controverse, lasciare aperto un dibattito.

Sembra invece che per lo sviluppo dell’IA siano sempre più implicate ingenti somme che aspettano di essere fruttuose per gli investitori. Sembra che non ci sia più alcun controllo “pubblico”, ma che il “pubblico” sia uno degli strumenti per la formazione dei contenuti della IA.

Recentemente ho avuto modo di rivedere “Ready: player one” di Spielberg; il film da per scontato che i cittadini abbiano accettato di vivere in un altro mondo virtuale piuttosto che nella realtà e anche nella sua vittoria finale la realtà riesce a guadagnare due giorni di chiusura dell’altro mondo. I cattivi del film, quelli di IOI, sembrano essere una rappresentazione delle grandi multinazionali che tutto vogliono controllare e quantificare; ma il film può essere visto anche come una grande metafora: gran parte del nostro tempo lo passiamo già adesso in un mondo figurato fatto di impegni, lavoro, piani formali in cui le personalità individuali assumono un valore soprattutto sociale per il compito affidato, dove non sembra esserci più spazio per un altro mondo possibile, quello che per esempio ha intravisto la visione di One Health: una integrazione sistemica piena tra l’uomo, uno dei componenti, e il resto della vita che pullula sulla terra: animali, piante, acqua, ambiente, insetti, luoghi geografici. (sembra molto interessante, da questo punto di vista, la ricerca rivolta allo studio del bioma e del microbioma, rispetto alla compresenza all’interno del nostro organismo di una miriade di microrganismi “non umani” ma in interazione continua con il nostro corpo).

Se la battaglia è lasciare due giorni di libertà dal mondo virtuale per vivere la realtà dell’incontro e della visione dell’altro, non di un avatar, allora abbiamo già perso la nostra umanità. Il mondo preconizzato da Spielberg è già un mondo in cui l’uomo è stato sconfitto e dove alcuni ragazzini possono solo accontentarsi di brevi incroci con la realtà e con la fisicità dei corpi degli altri, piuttosto che rimanere immersi e isolati nel virtuale.

Allora il rischio è che l’AI possa rappresentare una manipolazione della memoria collettiva e individuale: la storia passa attraverso uno strumento che non è ancora multiplo, o “neutro”, fondato cioè su dati statistici e storici controllati e certificati. L’uso stesso che si sta propagando, per esempio tra gli studenti, supplisce alla ricerca individuale delle fonti e propone una sintesi (precostituita? E come?) subito fruibile e scevra da errori ortografici e tentativi di sviluppo di una coscienza critica. E’ un rischio e mi sembra che l’interesse economico verso questo tipo di AI sia così grande e legato a investimenti privati non ancora regolamentati, che lascia intravvedere la possibilità di processi di manipolazione della memoria senza precedenti.

Può costituire l’ennesimo attacco verso la pluralità delle pubblicazioni libresche e la necessità del confronto delle tesi e delle antitesi, che presuppone studio ed analisi delle fonti, sviluppo di un senso critico e, al limite, di una concezione etica della vita (One Health p.e.).

Prende un grande senso di angoscia quando sento contrapporre un presunto “pensiero unico” basato sui diritti e su ideologie, alla presunta verità. Il sito che usa Trump per le proprie opinioni si chiama Truth social (verità), in cui si manifesta tutta l’enorme capacità manipolativa per una verità di parte, strumentalizzata e basata su fake, non importa come e perché, l’importante è che riflettano gli interessi di una singola persona o di un gruppo di interesse. La sensazione di essere senza vergogna e senza scrupoli è terribile. Ma questa è la situazione. Il rischio che gli interessi delle grandi multinazionali che gestiscono informazioni e social possano coincidere ed essere espressione di questa visione del mondo legata ad interessi economici e personali è molto forte e genera dubbi.

E’ come costruire la possibilità di un continuum, attraverso l’affinamento delle tecniche, verso un controllo intrecciato delle percezioni di ciascun individuo e dei processi di formazione del pensiero. L’attacco al sapere, alla scuola, all’università è fortissimo, la possibilità che si approfondisca sempre più la difficoltà all’accesso alle informazioni e ad un sapere critico sono sempre più alte.

Eravamo arrivati ad un passo, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, lo sviluppo di una meravigliosa e splendida possibilità legata a One Health e agli obiettivi 2030 Adesso sembrano naufragati di fronte al riaffiorare di una economia di guerra, al predominio di una economia basata su dazi, frontiere e controllo del territorio e delle conoscenze personali, con un enorme arretramento del processo di acquisizione della consapevolezza della necessità della pace e dell’indispensabile, per la razza umana, cambiamento del paradigma economico.

Soprattutto è un cambiamento paradigmatico verso una visione che non contempla più “l’altro” come parte integrante della mia realtà, l’altro torna ad essere un nemico, reale e virtuale, o almeno una minaccia. E’ come se quanto sta accadendo dopo la pandemia, piuttosto che spingere verso l’ineluttabilità di un cambiamento radicale del paradigma economico e sociale, ci abbia sospinto verso un poderoso riassestamento della ragioni del liberismo economico e verso l’affermazione di una élite economica potentissima, con scontri di potere basati sulla forza, sulla guerra, gli armamenti, la fame, la sovranità, l’isolamento. Per questa ideologia è fondamentale mantenerci divisi e individui isolati e sostanzialmente soli, legati ad interessi tutt’al più familiari. Ho spesso pensato che un termine scientifico quale “familismo amorale” possa essere traslato, con i medesimi significati, agli interessi delle grandi “famiglie” economiche, alle grandi multinazionali ed ai profitti azionari.

Dopo questa visione alquanto pessimistica sull’uso che una certa parte dell’umanità, una piccolissima ma potentissima parte, può fare dell’AI, mi soffermo su alcune potenzialità rispetto al campo della salute umana e, perché no, dell’ambiente e del rapporto tra uomo e ambiente. Le potenzialità del trattare un enorme numero di diagnosi e casi clinici per un miglioramento delle indagini mediche è enorme e potenzialmente benefico. A patto che si giunga ad una ragguardevole capacità di concordare sugli aspetti diagnostici e sulla lettura dei segni nosografici. Le diverse scuole mediche potrebbero ritrovarsi in conflitto verso alcune descrizioni. Può accadere quello che sta accadendo da vari decenni nella salute mentale: il continuo aggiornamento del DSM IV (Manuale Diagnostico statistico dei disturbi mentali), arrivato alla V° edizione revisionata. Il manuale raccoglie tutte le ultime ricerche e le recenti nosografie, in continuità con una certa visione positivistica e descrittiva della malattia mentale, e non della salute mentale; un inventario in movimento costante dei disturbi e degli orientamenti psichiatrici, alcuni dicono in stretto riferimento con i prodotti delle industrie farmaceutiche.

Una descrizione ossessiva dei sintomi di una determinata malattia può impedire una visione olistica e patobiografica della malattia, può non permettere una visione legata alla storia e alle vicende personali del soggetto, può impedire di fatto una visione olistica della persona e nascondere la natura di molti disturbi e sintomi legati alle patologie relazionali, familiari e sociali.

Come dire, le potenzialità della AI richiedono, per essere utilizzate al meglio, la chiarezza rispetto agli approcci e ad una visione dell’uomo, che si spera sia olistica, legata alle totalità del funzionamento dell’organismo e al rapporto relazionale all’interno dei contesti sociali e all’interno del rapporto inevitabile con l’ambiente. Anche in questo caso la visione One Health può guidarci nell’approccio, ma anche in questo caso, come nel caso della necessità di rivedere e riformulare il modello di sviluppo attuale, si avverte la necessità di passare dall’approccio alle malattie attraverso i sintomi, all’approccio al singolo individuo attraverso la relazione con il proprio corpo, con il corpo e le relazioni familiari e sociali, con quanto succede in quel determinato ambiente.

Durante il terribile periodo COVID si erano affacciate alcune ipotesi rispetto alla permeabilità del virus SARS COV 2 e la fascia di intensa attività umana che produce CO2, la fascia di maggior inquinamento al mondo. Adesso tutto sembra essere risolto con il vaccino, che non evita di ammalarsi ma permette al corpo di sviluppare anticorpi che smorzano gli effetti, mentre sarebbe ed è particolarmente interessante continuare a sviluppare la ricerca del rapporto tra attività umana basata sul ciclo del petrolio e malattie e virus.

Lucio Maciocia