ALATRI - LA COSTRUZIONE DELLA SCUOLA LUIGI CECI

  • Tommaso Villa

Continua il nostro sondaggio-inchiesta sulla Luigi Ceci, e visto il successo finora ottenuto di testimonianze anche spontanee, mi sembra opportuno continuare.

Questa volta ospitiamo la dichiarazione di mia cugina Cecilia Mangiapelo: "Come ogni persona ho tantissimi ricordi legati agli anni della scuola primaria : sono gli anni dei primi impegni di apprendimento, imparare a scrivere, a leggere , ad esprimersi, a “studiare” insomma. In più ci sono le prime amicizie, le prime “cotte”, ed anche le prime antipatie, i primi conflitti con i compagni di classe. Ognuno potrebbe pescare tesori dai ricordi di quegli anni, che hanno contribuito, e non poco, a farci diventare quello che siamo. A me quello che più rimane in mente è il percorso che facevo per arrivare a Via del Calasanzio, dove la scuola è situata. Penso che mia madre mi abbia accompagnato 2 o 3 volte in 5 anni…era il tempo in cui si poteva andare “ da soli”. Che poi tanto da soli non era: si formavano spontaneamente dei gruppetti di bambini abitanti nello stesso quartiere: 2, 4 ,7 …. E si andava tutti insieme….E per il ritorno era la stessa cosa, ci si aspettava all’uscita e via … qualche volta scegliendo anche un percorso un po’ più lungo per allungare il piacere di stare insieme. E durante il percorso si imparava. Si imparava ad aspettare chi camminava più piano, a parlare ed ascoltarsi, ad attraversare la strada in modo corretto, a socializzare in modo libero . Certo ci scappava anche qualche litigio, ma durava poco, con quella capacità di chiedere scusa e di scusare , spesso senza parole , che solo i bambini hanno. Si ,si imparava a crescere….. E’ questo che mi viene in mente quando mi capita di trovarmi vicino ad una scuola elementare al momento dell’entrata o dell’uscita…i bambini escono dalle macchine ed entrano a scuola ,o il contrario. E mi sento fortunata ad aver vissuto in un altro modo la mia infanzia".

Giulio Rossi: "Ho un ricordo decisamente positivo della mia esperienza presso la scuola Luigi Ceci frequentata dalla seconda alla quinta elementare, ma un episodio in particolare mi è rimasto impresso nella mente e mi sono spesso chiesto che influenza possa aver avuto nella crescita del bambino protagonista. Si è fatto riferimento alle punizioni corporali in uso negli anni sessanta, le cosiddette bacchettate. Al giorno d’oggi quanto accadde più di sessanta anni nella mia classe sarebbe finito sicuramente sui giornali gridando allo scandalo. Ma veniamo al fatto: la nostra maestra utilizzava questo metodo utilizzando una bacchetta di legno in modo particolare nei riguardi di un compagno di classe particolarmente irrequieto. La punizione per lui era diventata così frequente al punto che non esitava a porgere le mani per ricevere le bacchettate e mentre le riceveva sorrideva quasi a voler dimostrare la propria insensibilità e fiera ribellione. Fu così che la maestra presa da uno scatto d’ira cambiò la direzione dei colpi spezzandogli la stessa sulla testa. Credo di ricordare che resasi conto di quello che aveva fatto fortunatamente senza conseguenze per quella testa dura abbia abbandonato da quel momento quei metodi, ma mi sono sempre chiesto in che misura possano aver contribuito a fare di quel bambino l’uomo onesto, lavoratore e padre esemplare, che ho conosciuto. Confesso di non aver avuto occasione o forse il coraggio, in tutti questi anni, di chiederlo direttamente all’interessato".

Fabio Di Fabio: "Nell'androne della "Luigi Ceci" rimisi piede, dopo decenni dalla mia licenza elementare, il primo giorno di scuola di mio figlio. Fui colpito, quasi piacevolmente frastornato, dallo stesso "odore di scuola" che mi avvolgeva quando, insieme ai miei compagni, aspettavo là il suono della campanella per entrare in classe: un odore di banchi, di cattedre, di sussidiarii, di gessi...., quasi presenze vive in quella scuola costruita nel secondo dopoguerra. Un anno, per qualche mese, forse in seconda elementare, per la carenza di aule rispetto agli scolari frequentanti, facevamo lezione di pomeriggio: e mi incantava, quasi fosse un privilegio, quella luce "inedita" del sole che entrava dalle finestre esposte ad ovest. La maestra della nostra classe era Lidia Sarandrea, ma da tutti chiamata Lella e conosciuta con il cognome del marito, Santucci. Era molto brava, dolce, materna. C'era ancora l'insegnante unico, alle elementari. A lei devo la mia preparazione di base. La ricordo, con affetto e riconoscenza, ancora con la sua voce lievemente tremula e gli occhi verdi che diventavano grigi quando si spazientiva: questo particolare me lo fece notare mia nonna Betta, sua amica e "compagna di messa", nella vicina chiesa di San Matteo, da entrambe frequentata tutte le sere. Quando nonna "faceva l'olio", dal suo terreno di Portadini, ne donava, per rispetto, una bottiglia alla maestra. La maestra Lella iniziava le lezioni, ogni giorno, con le preghiere ed il sabato anche con qualche canto religioso: il mese di Maggio cantavamo "Dell'aurora tu sorgi più bella" che ci insegnò con fede e dolcezza: ogni volta che lo riascolto e lo canto, il mio pensiero torna alla mia cara maestra. In classe c'era qualche compagno più vivace degli altri. Allora la maestra, per controllarli meglio, aveva attaccato i loro banchi alla sua cattedra: erano i suoi "angioletti custodi", diceva.... Dopo aver insegnato e condotto la nostra classe dalla prima fino in quinta, la maestra Lella andò in pensione. A mia madre disse che noi eravamo gli "ultimi fiorellini" che aveva aiutato a sbocciare. Quando la nostra Amministrazione dovette prendere la dolorosa decisione di chiudere quella Scuola, per il "riemergere" di una perizia che ne attestava la pericolosità strutturale, il punto fu anche portato in Consiglio comunale dove si formò una maggioranza trasversale favorevole a quel provvedimento. Il Sindaco Morini, ingegnere, pur non potendo prescindere dalle perizie rese (ne chiedemmo una aggiornata anche noi), era rimasto convinto che quella scuola difficilmente sarebbe crollata".

Abbiamo chiesto poi , per dovizia di particolari la data di costruzione e/o operatività della scuola. Il lavoro non è stato facile pertanto qualcuno degli intervistati ha cercato di ricordare, pertanto sicuramente c'è una discrepanza. Il tutto, però non rende il lavoro approssimativo. Secondo l'amico Marcello Ambrogi, figlio dell'ex direttore Nazareno Ambrogi: "Credo sia la fine degli anni 50 perché mio padre nel 1959 si trovava a Veroli e verso il 61-62 prese l'appena nato II° Circolo al secondo piano dell'edificio, noi già nel 1960 abitavamo in via del Calasanzio ed io avevo 1 anno".

L'amico professor Mario Ritarossi ha voluto farci un regalo, una foto della scuola in costruzione che pubblicheremo in calce "Più che un mio ricordo ti invio un documento fotografico relativo alla costruzione delal Luigi Ceci. Credo sia una bella memoria". Eccome caro Mario.

Visto che nella nostra inchiesta abbiamo più volte nominato e nomineremo i direttori didattici, qualche amico mi ha chiesto se non fosse opportuno dedicare il nuovo edificio scolastico ai direttori Maria Astarita, meglio conosciuta come La Direttrice, e Nazareno Ambrogi.

Tarcisio Tarquini a tal proposito ci spiega: "La relazione tecnica del comune, che visionai da consigliere comunale, redatta da alcuni tecnici del comune dice: avviata nel 1950 e completata nel 1958. La superficie totale è di circa 4.000 metri quadrati. Consta di tre corpi "accostati mediante giunto tecnico. Il rilievo strutturale condotto nel 2007 evidenzia la criticità sismica dell'edificio. Criticità confermata nella nuova indagine strutturale del 2019. Il comune chiese finanziamento per demolizione e ricostruzione, nella relazione del 2007 si invoca "Un intervento di adeguamento mirato e immediato". La demolizione, dunque, è stata una scelta "politica". Sembrerebbe che questa sia derivata dal finanziamento disponibile. La vicenda però suggerisce più di qualche interrogativo".

L'amico Ennio Latini: "Non ricordo di preciso, però mio fratello Pino (scomparso qualche anno fa e che ricordiamo con infinito affetto per la sua bontà d'animo) che era del 1952 frequentò la seconda elementare alla Luigi Ceci, mentre io nel 1960 la prima classe, credo che le lezioni iniziarono nell'anno scolastico 58/59". Altri amici mi parlano dell'anno scolastico 1959-60, ma a primavera inoltrata.

Torniamo ai ricordi. Giorgio Tolomei: "Ricordo la maestra Cianfrocca fino alla quarta e poi il severo maestro Frasca con i suoi occhiali neri da dove vedeva tutto mentre noi, ovviamente nulla. Con lui non potevi alzarti dal banco o tirare cartoccetti come facevamo con la maestra. Di quella classe manca soltanto il povero Umberto Diana (Un altro caro amico che ricordiamo con tanto Affetto). Altri amici hanno voluto ricordarci le maestre Boezi, Qualandri, Cicuzza, Santurro.

Infine la testimonianza della sorella del caro Umberto Diana la signora Lina: (moglie dell'amico l'indimenticato Mauro Marzolini): - Che dolore vedere la Luigi Ceci così!!! Lì ho mosso i miei primi passi di bambina con la cara maestra Erminia D'Orazio; quanto amore ci ha dato, ci ha aperto un mondo con i suoi insegnamenti come una mamma, soprattutto l'amore per la poesia. E' passato qualche anno da allora. Sono stata lì come insegnante per più di 20 anni; tanto lavoro, tante fatiche per dare il meglio agli alunni, ma sempre ricompensate da loro. Quante volte ho salito quelle scale. Certamente ora la costruiranno più bella, più moderna e più funzionale, più, più. Però la mia vecchia scuola resterà sempre nel mio cuore e nei miei ricordi più belli così come era". (parte 7)

Bruno Gatta