ALATRI - IN MEMORIA DI FRNCO REA
- Tommaso Villa
Torniamo seppur brevemente a parlare del vecchio ospedale San Benedetto, e lo facciamo per ricordare un ottimo medico, ma uno dei tanti che ha lavorato nel piccolo nosocomio di Piazza Regina Margherita. Un professionista che definire stacanovista è dir poco, visto che ha trascorso forse più tempo della sua breve vita in ospedale.
Non è stato facile raccogliere le testimonianze sull'indimenticabile dottor Franco Rea che vogliamo ricordare seppur brevemente non soltanto come medico ma anche come giocatore professionista di una disciplina sportiva, purtroppo scomparsa ad Alatri: l'Hockey su prato. E sì la nostra città può vantare di aver avuto tra gli anni 70 e 90 una squadra addirittura in serie A2, l' Hockey su prato Franco Rea. Per ricordarlo abbiamo chiesto a due amici; il dottor Giulio Rossi e il professor Peppe Cecchinelli che ringraziamo di vero cuore per aver voluto condividere uno spaccato della vita del caro Franco Rea.
"Quando sono entrato in ospedale nel 1979 - ci racconta il dottor Giulio Rossi - ero un giovane medico appena laureato, all'epoca si dovevano fare sei mesi in un ospedale obbligatori, mi pagavano addirittura; 90.000 mila lire al mese, mio padre che lavorava nell'edilizia ne guadagnava 25.000. Trovai i miei due maestri, i colleghi dottor Franco Rea e il dottor Mario Celani. La mia preparazione medica, le mie conoscenze le devo a loro. Al vecchio San Benedetto c'era anche il dottor Nicola La Fauci, ma lui era il primario e non ci seguiva tanto quanto Rea e Celani. Entrambi avevano anche i pazienti come medici di famiglia e spesso e volentieri mi mandavano a sostituirli a studio se erano impegnati in ospedale.
All'epoca la cura del paziente era maniacale - continua il suo racconto il dottor Rossi - non avevamo esami strumentali come oggi (ecografie, tac, risonanze, doppler ecocardio etc) eppure si facevano diagnosi giuste. Ci si basava sulla semeiotica (oggi ormai scomparsa ), apprendevamo li le manovre invasive (toracentesi, paracentesi, punture lombari...). Franco Rea in particolare a fine turno ci caricava in macchina; la sua Fiat cinquecento e ci portava (c'erano altri giovani medici con me) in giro per le campagne a visitare i casi più gravi, soprattutto le valvulopatie cardiache (all'epoca erano frequenti ancora i danni dello streptococco sul cuore ), li abbiamo imparato a riconoscere le varie patologie valvolari, li abbiamo imparato a gestire le terapie (pochissime purtroppo all'epoca, basti pensare che non avevamo nessuno dei farmaci antiipertensivi di adesso, solo dei succedanei estratti da erbe o piante).
Grazie ai più esperti colleghi Rea e Celani ho imparato a ragionare sui sintomi e sulla semeiotica, ho imparato a pungere vene, ho imparato dal dottor Macciocchi (in radiologia un gigante a leggere esami rx (gli unici che avevamo ), ho imparato la cardiologia (avevamo 4 letti di unità coronarica, per l'epoca poteva considerarsi un evento, anche se non avevamo farmaci come oggi o procedure come oggi). Al vecchio San Benedetto ho trascorso dei pomeriggi da solo quando Rea andava a giocare a tennis al giardino dello sport :mi diceva non preoccuparti, qualsiasi problema mi chiami e io in 5 minuti sto qui.
Due enormi padiglioni di medicina maschi e femmine, una palestra ininterrotta di vita e apprendimento. Franco Rea - spiega il dottor Giulio Rossi - in quegli anni aveva ideato un metodo geniale per fare diagnosi di polmonite da mycoplasma, utilizzando le agglutinine a frigore, oggi non ci penserebbe nessuno. Lui viveva in ospedale giorno e notte, è stato davvero un medico eccezionale, il medico di tutti: umano, intelligente, unico. Lui e il dottor Mario Celani hanno sorretto il reparto medicina in maniera eccezionale, li porto sempre nel cuore".
Questa la testimonianza del dottor Giulio Rossi che ha confermato l'attaccamento ai pazienti ed alla struttura del dottor Franco Rea. E non deve sembrare paradossale o non vero che "vivesse" in ospedale. Una sua paziente ci ha raccontato un episodio: "Credo che rimase in ospedale qualcosa come sei mesi: dormiva, forse, visitava i pazienti, parlava con i parenti dei ricoverati, mangiava e si faceva la doccia in ospedale. Un giorno disse ad un collega che avrebbe avuto il desiderio di salire su nella vicina piazza Santa Maggiore per prendersi un buon caffè al Bar Giuliana. Il caso volle che incontrò il direttore sanitario che vedendolo lo riprese esclamando: "Sempre in giro stiamo". A voi il commento. Questo a testimonianza di quanto asserito dal dottor Giulio Rossi. Per la cronaca è doveroso ricordare che il dottor Franco Rea ha lasciato questa terra il 4 ottobre del 1981, era nato a Napoli il primo settembre nel 1938, pertanto la sua giovane vita si spezzò a soli 43 anni. "Vissi la breve mia giornata portando la pena degli altri assieme al mio dolore. E s'illuminò di speranza l'arcano volto della morte quando Dio mi disse "Vieni". Questo l'epitaffio del dottor Franco Rea sepolto nel cimitero di Alatri.
Dicevamo che Franco Rea portò ad Alatri una nuova disciplina sportiva, sconosciuta ad allora nella nostra cittadina. Forse qualcuno aveva visto in qualche edizione delle Olimpiadi questo sport che nell'era moderna veniva praticato maggiormente in Inghilterra e che poi si è diffuso nelle ex colonie britanniche (India, Pakistan, Nuova Zelanda, Australia). Questo sport è formato da 11 giocatori (più il portiere) che colpiscono una pallina da mandare poi nella porta avversaria. Franco Rea fu un bravo giocatore professionista di Hockey su Prato. Come ci ricorda il professor Giuseppe Cecchinelli che anche lui ha militato nella squadra alatrense negli anni 70.
"Franco era stato un grande campione della Mda (Dopolavoro del Ministero della Difesa Aeronautica) Roma, storica squadra della capitale ed aveva vinto diversi campionati nazionali. Ricordo che quando andavamo a giocare a Roma, o comunque si parlava della nostra squadra, Franco era sempre protagonista; ricordato e rispettato sia per lo sport che per l'aspetto umano della persona. Ad Alatri compi un piccolo miracolo coinvolgendo decine di giovani entusiasti e desiderosi di conoscere ed imparare il nuovo sport. Franco era un fenomeno in questa disciplina, di ruolo mediano destro. Comunque oltre che la figura di Franco Rea vorrei ricordarne un'altra, quella di Pasqualino Pietrobono, meglio conosciuto come Sciampagnoni, che sponsorizzò per anni la squadra di Hockey, impiegò notevoli finanziamenti e grazie a lui riuscimmo ad acquisire la disponibilità di giocatori importanti a livello nazionale: ricordo un ragazzo egiziano (forse Peppe parla di Hamed) di dotato di ottime capacità e di Renzo Pupatti un atleta di livello mondiale. Grazie a lui ed altri la società H.C. Franco Rea militò nella prestigiosa serie A2. Questa bella avventura - continua Peppe Cecchinelli - si interruppe per la mancanza di un campo regolare, quello in dotazione (Chiappitto) non permetteva il rilascio del nulla osta da parte della Federazione nazionale".
Bruno Gatta