ALATRI - IN MEMORIA DI PARIDE QUADROZZI
- Tommaso Villa
A dieci anni dalla scomparsa siamo venuti a conoscenza tramite alcuni amici che a Paride Quadrozzi verrà dedicato un piazzale al politico, storico e giornalista. Personalmente ho vari ricordi di Paride e mi piace ricordarne la figura di storico e studioso della Città di Alatri a cui lo legava un amore viscerale. Un legame ombelicale, insomma e non è retorica. Paride sapeva insegnarti, spiegarti raccontarti senza voler apparire un solone.
Un giorno in piazza stavo commentando con un amico quell'asticella che regola le ore dell' orologio solare o Meridiana. Dopo la fine della discussione mi chiamò e quasi con pudore mi disse: "Bruno, stavi parlando dello "Gnomone" . Questo era Paride, una di quelle persone che meritano un' intitolazione.
La sua figura venne ricordata ad un anno dalla morte dall'associazione socialisti alatrensi cui parteciparono tra gli altri Tarcisio Tarquini, Gianfranco Schietroma, Giuseppe Cappella, Massimo Struffi, Luciano Campoli e alcuni che non ci sono più tra cui Mario Belli, Pasquale Germano, Franco Rossi, Carlo Costantini e Agostino Marianetti già parlamentare del Psi dal 1983 al 1994. In quell'occasione dopo un caloroso applauso in memoria di Paride la consorte, signora Armandina, scomparsa da poco sottolineò che: "Paride è ancora qui con noi". E noi aggiungiamo e confermiamo che è ancora così. Una figura del suo calibro manca ad Alatri sia a livello storico che politico.
Riportiamo di seguito un pensiero di un suo caro e nostro amico: il professor Armando Frusone: "Caro Paride, scusami se scrivo queste righe il “giorno dopo”, ma ti assicuro che prima non ce l’ho fatta. Tanto è stato lo smarrimento nell’apprendere che non eri più tra noi. Sì, hai ragione, sapevamo tutti, ma tutti abbiamo fatto finta di non sapere: le brutte notizie si spera sempre che non trovino conferma. Anche per questo non è stato gravoso assecondare il tuo desiderio di restare nei nostri ricordi come eri, come ciascuno di noi ha avuto occasione di compiacersi della tua persona. Or che ci penso bene, tu non sei defunto! Tu sei partito per raggiungere la pace in uno dei monasteri del Monte Athos… Ricordo quante volte mi hai ripetuto che ti sarebbe piaciuto tornare là, in quella penisola verde di castagni e ulivi, dove il tempo rispetta i ritmi sconosciuti e insostenibili imposti dal calendario giuliano.
Ti affascinava quel mondo chiuso, quei rituali antichi fatti di gesti e di sguardi silenziosi. Ne eri talmente preso da non mancare un appuntamento in chiesa per assistere a quella estenuante liturgia, che dalle cinque del mattino andava avanti per ore. E appena conclusa, si raggiungeva svelti il refettorio per consumare, alle otto del mattino, il frugale pranzo, rigidamente vegetariano. Ti vedevo contento, attratto da tutto quanto ci accadeva intorno. E volevi sapere, conoscere, indagare. Il paziente monaco Basil ti assecondava cercando di soddisfare le tue domande. Povero Basil, si era visto affidare questo impegno soltanto perché conosceva l’italiano avendo studiato a Perugia. Quante cose interessanti abbiamo appreso insieme! E si rideva anche! Ricordi?
Come dimenticare le “visite” al frutteto che ci parve una sorta di paradiso terrestre per il variegato assortimento, dove trovavamo la “manna” indispensabile alla sopravvivenza? Ci sentivamo come ladruncoli costretti a nascondere la “refurtiva”! Ladruncoli con fama di “intellettuali”, tanto è vero che pure in quel lontano lembo di Grecia non mi hai risparmiato le tue mirabolanti teorie, prima fra tutte quella del mare che, millenni fa, lambiva la collina dove sorge Alatri… Mi piace ricordarti così, amico Paridone, serioso docente di teorie turistiche nella mia scuola, raffinato cultore delle antiche tradizioni, persona sensibile e generosa. Sei andato via lasciandomi due tormenti che rimarranno incolmabili: l’averti avuto come amico troppo tardi e il non aver trovato il tempo per tornare insieme tra i monasteri dell’Athos. Hai voluto ritornarci da solo, “lento pede” come solevi ripetere, sicuro di trovare la tua pace eterna tra i pini d’Aleppo e i pioppi cipressini". Un caro saluto alle figliole Angela e Francesca ed un ricordo di Armandina.
Bruno Gatta